sabato 26 luglio 2014

Capitolo 18 - Irises of the sun and moon

Preferiamo ignorarla, la verità. Per non soffrire. Per non guarire. Perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere: completamente vivi.
Fai bei Sogni, Massimo Gramellini

 
<< Lune!!! >> un grido disperato riempì l'aria.
Il mio grido.
Lacrime scarlatte scendevano dense sulle mie guance, sporcandomi del mio... del nostro peccato più grande.
Le mie mani stringevano convulsamente una mano morbida e calda, una mano che avevo afferrato così tante volte quando avevo paura o quando la tristezza mi assaliva.
Lei mi aiutava sempre.
Mi è sempre stata accanto, in qualsiasi situazione.
Già, proprio lei... che era il mio esatto opposto.
L'altra mano invece stringeva una pietra,un uovo liscio e levigato.
Ricordo che me l'aveva regalato quando, per forza di cose ci eravamo dovute separare per un paio di settimane per confondere i demoni e gli angeli che ci stavano inseguendo e che adesso ci stringevano e ci strattonavano, cercando di dividerci.
Era un intruglio di pietre che ne creavano un'altra, ancor più splendida... era un miscuglio di granato, eleolite, topazio e pietra del sole.
Mia sorella lo aveva creato. Mi aveva detto che dentro c'era un po' della sua luce, un po' del suo calore, della sua essenza.
Io non avevo capito bene il perché di quella scelta di pietre e quando glielo chiesi lei mi spiegò che ogni pietra rappresentava un'ora del giorno in cui il sole regnava nel cielo.
Mi disse che il topazio rappresentava il sole al mattino, l'eleolite al pomeriggio, il granato al tramonto e la pietra del sole era il sole stesso.
Mi disse anche che, quando ci avrebbero divise quella pietra mi avrebbe aiutata ad alleviare il dolore e il senso di vuoto che, lo sapevamo, avremmo provato.
Il suo gesto mi fece sentire in colpa.
Volevo che anche lei avesse una parte di me, una parte della mia luce, della mia magia.
Così ho preso in mano un sacchettino con dentro tutte le pietre a me più sacre e preziose e le ho fuse alla luce della luna, creando un uovo uguale al suo ma con pietre diverse.
Avevo unito l'atacamite, il zaffiro stellato, l'onice e la pietra della luna. Così facendo unii crepuscolo, sera, notte e luna in un solo piccolo contenitore. L'effetto su di lei sarebbe stato lo stesso, l'avrebbe aiutata a superare una possibile separazione.
E avevamo ragione.
Gli angeli mi tenevano saldamente le braccia cercando di dividere le nostre dita intrecciate. I demoni invece tiravano mi sorella, sibilando.
Avevano già scelto chi sarebbe stata Angel e chi Devil. Noi stesse lo sapevamo ma non riuscivamo a spiegarci il perché di quella scelta.
Lune era la figlia del sole eppure la stavano trascinando nell'oscurità, dove non avrebbe mai potuto mostrare tutto il suo splendore e io ero la figlia della luna ma mi stavano trascinando in un eterno mattino, dove il sole avrebbe per oscurato per sempre la mia luce.
Ma quegli esseri erano uomini senza volto e tutto intorno a me era o troppo chiaro o troppo scuro.
A un certo punto sentii le mani fresche e brusche degli angeli smettere di stringermi, le bianche ali morbide si scostarono con un fruscio silenzioso.
Le ali degli Angel mi ricordavano quelle di un cigno o una colomba, solo molto, molto più grandi.
Anche i demoni ritirarono gli artigli e si fecero da parte con passo felpato. Non ricordo di aver mai visto le ali dei demoni. In nessuna vita.
Come se le nascondessero in un velo d'oscurità creato da loro stessi.
Quando tutti gli angeli e i demoni finalmente mollarono la presa mi lanciai tra le braccia di mia sorella.
Lei nascose il viso nei miei capelli neri come le ali di un corvo e io mi strinsi forte a lei.
Pregavo che ci avrebbero lasciate in pace, che avrebbero rinunciato e avessero smesso di tormentarci.
Ma era inutile, sapevo che ci avrebbero separate.
Keenan e Gavrielle erano già stati presi.
Ora era il nostro turno.
Lo sentivo e le lacrime rosse ne erano la prova.
Sentivo il nostro legame che piano piano si sgretolava, qual filo che ci univa che veniva scosso.
Non sentivo più i battiti del suo cuore, sentivo più debolmente le sue emozioni, la voce dei suoi pensieri si stava annebbiando. Non riuscivo più a capire le sue intenzioni, quale sarebbe stata la sua prossima mossa ne tanto meno se era stata ferita in qualche modo.
La terra tremò e si spaccò in un grande crepaccio, il cielo sopra di noi si aprì in una grande porta.
La luce mi avvolse e una donna mi staccò delicatamente ma con decisione da Lune e mi trascinò su.
Un'altra donna con lunghi capelli rosso vinaccia e gli occhi nero onice fece lo stesso con la mia gemella e la trascinò giù, verso il centro della terra.
Un'esplosione di luce fiorì nello spazio che ci divideva e quando riaprii gli occhi vidi chiaramente il nostro legame. Che adesso aveva una consistenza, era qualcosa di concreto, di reale. Non il frutto di tante vite passate a nasconderci e a cercarci.
Vedevo tante strisce di luce che partivano dal petto di Lune e finivano nel mio, danzavano e s'intrecciavano vibrando assieme in una danza d'oro e argento. Molti di quelle strisce luminose erano state recise e le ultime resistevano come meglio potevano.
La donna che mi stava stringendo infilò una mano in mezzo a quella colonna di luce, interrompendo lo scambio di tra le nostre anime.
Gridai straziata e mi divincolai come meglio potevo, piangevo e sentivo come una grande mano che mi strappava via qualcosa.
Qualcosa che aveva vissuto con me per tutte le nostre innumerevoli vite.
Le scie di luce sparivano a una a una portando via con se quel calore che mi aveva riscaldata da così tanto tempo e lasciando in cambio tetre fitte di freddo e vuoto. Un vuoto così intenso che il mio corpo non ce la fece a reggerlo e il cuore si fermò per protesta.
Tutti i suoni divennero ovatti, le immagini sfocate, non riuscivo più a sentire il mio corpo.
Ero completamente paralizzata.
Come in un incubo vidi mia sorella allungare le mani verso di me, il viso straziato dal dolore, i suoi capelli biondo grano si scurirono pian piano fino a diventare neri esattamente come i miei.
Non passò molto e quando anche il penultimo filo fu tagliato anche i miei capelli cambiarono e il mio nero notte fu rimpiazzato dal biondo.
Stringevo ancora la mia pietra del sole quando delle altre mani rimpiazzarono quelle della donna.
Quando chiusi gli occhi, cadendo nell'incoscienza, l'unico calore che sentivo dentro di me era quello del dono dell'Iride del re del sole.
Urié
Stavo camminando nei pressi della mensa.
Avevo visto Raf gironzolare da queste parti ma poi l'avevo persa di vista e incominciavo seriamente a preoccuparmi.
<< Urié! >> sentii la voce di Micky in mezzo al corridoio così mi fermai e le sorrisi agitando una mano affinché mi potesse vedere meglio.
<< Ehi ciao! Che fai? Non mangi? >> disse vedendo che mi stavo incamminando verso il retro della scuola.
<< No sono a dieta! >> risi.
Lei mi lanciò un'occhiata incredula e fece per dire qualcosa ma io la liquidai dicendo << Ne parliamo dopo adesso devo cercare una persona, tu tienimi il posto però! >> gridai e le voltai le spalle senza sentire la sua risposta.
Sul retro c'era un grazioso giardinetto con un paio di panchine.
Mi avvicinai e superai le prime due finché non trovai un'altra panchina nascosta parzialmente dai rami di un albero.
Mi sporsi per vedere se c'era qualcuno e ci trovai il corpo addormentato di Raf che si dimenava in preda a un incubo.
Un grido soffocato uscì dalle sue labbra socchiuse e un simbolo brillò sulla sua fronte, all'ombra del grande albero che circondava la panchina proteggendola.
Era come una specie di cicatrice riempita da una pietra bianca e argentea che raffigurava una luna bianca divisa in due da un fulmine d'argento.
Sapevo cosa significava quel simbolo e sapevo anche che andava subito svegliata.
Mi inginocchiai di fianco a lei e la scossi dolcemente.
<< Raf svegliati... >> sussurrai con un groppo alla gola per l'angoscia.
Quel ricordo prima o poi sarebbe arrivato, lo sapevo ma non credevo così presto.
Lei si tirò su di scatto gridando, i palmi delle mani affondati nel legno, le braccia tese, le gambe inginocchiate, lo sguardo perso nel vuoto.
Sembrava che stesse soffocando, il viso era coperto dai capelli.
Non mi guardava, non reagiva in alcun modo.
<< Raf... >> la chiamai.
Lei alzò lentamente la testa e si girò, stralunata lo sguardo spento.
E per un attimo vidi chiaramente il suo vero aspetto, quello che prese dopo essere stata punita dagli Dei.
Quello dopo Elena di Troia...
I suoi capelli adesso erano neri ma luminosi, come il cielo di notte. Gli occhi erano uno scintillio di fili d'argento puro, la pelle bianca come la luna e le labbra rosse come il sangue.
<< Raf è tutto a posto, torna qui con me. Lascia andare... >> la rassicurai accarezzando quella morbida pelle d'avorio.
Mi sembrava di accarezzare la luna, e i capelli neri incorniciavano le stelle dei suoi occhi.
Una lacrima rossa con venature argentate le scivolò delicatamente sulla guancia.
Quelle lacrime erano maledette.
Le Iridi le producevano solo quando sanno di esser state separate da qualcosa o qualcuno di importante, alla quale dipende la loro vita. E assieme alle lacrime rosse veniva la consapevolezza di aver sempre saputo chi le ha divise dalla loro metà. Di aver sempre saputo chi era il vero nemico ma di averlo ignorato volutamente per non cadere nell'Insanity e essere rinchiusa nel Delirium.
Sospirai e sedendomi di fianco a lei la abbracciai nascondendole il viso dalla luce del sole.
Per un'Iride legata alla luna, i raggi del sole erano troppo forti e gli occhi si abituavano troppo lentamente.
Mi sembrava quasi una bambola di porcellana.
Tanto fragile da potersi rompere con un minimo alito di vento o spiraglio di luce, ma sapevo che era solo apparenza. Perché lei era tutt'altro che indifesa.
<< Urié... >> singhiozzò lei. Ma la sua voce era più delicata e cristallina, come la melodia di una dolce ninna nanna.
Così bella che mi commosse, facendomi luccicare gli occhi.
<< Ssh... è tutto finito, era solo un brutto sogno. >> le sussurrai rassicurandola come meglio potevo.
Lei continuò a piangere per un tempo che mi sembrò infinito. Ma dopo un po' i singhiozzi si calmarono e i capelli ritornarono biondo grano, la pelle più colorita e quando mi guardò gli occhi presero sfumature blu zaffiro, colori un po' più naturali per una Angel.
Si asciugò le lacrime rimaste con le dita e appoggiò i piedi a terra, mettendosi seduta.
Io non dissi niente, mi limitai ad accarezzarle dolcemente la schiena e le ali.
<< Non... non mi ero accorta di... di essermi addormentata. >> farfugliò alzandosi in piedi.
Io mi strinsi nelle spalle e, lisciandomi la gonna con cura, mi alzai.
<< Beh... è normale per te visto che sei un piccolo ghiro. >> la presi giocosamente in giro, nel tentativo di sdrammatizzare.
E sembrò funzionare perché lei mi sorrise con gratitudine e mi prese per mano.
<< Dai, devi aiutarmi ad affrontare Dolce. Devo darle la grande notizia! >> dissi allegra, trascinandola nella mensa.
Lei si strofinò gli occhi e ribatté: << E cioè che stai per diventare mamma? >> borbottò ridacchiando.
Sbuffai con finta indignazione e lei scoppiò a ridere.
Entrammo nella mensa e cercammo di individuare Micky e Dolce.
<< Raf sei sicura di non voler mangiare nulla? >> le dissi quando Trovammo Micky che con un cenno ci invitò ad unirci a loro.
Raf vacillò un po' e alla fine sussurrò un vago: << Non ho fame grazie... >>
Micky si schiarì rumorosamente la voce quando le passai accanto con neanche un bicchiere d'acqua in mano.
<< Che hai Micky, mal di gola? >> chiese Dolce allibita dallo sguardo assassino che mi riservò l'amica.
Io sospirai scuotendo bonariamente la testa.
<< No Dolce, ce l'ha solo con la sottoscritta... >>
Micky tirò un calcio alla sedia davanti a lei facendomi segno con la testa di sedermi.
<< Santo cielo e perché mai? >> chiese aggrottando la fronte, confusa.
<< Beh, perché ho iniziato la dieta. >> mormorai mentre Raf si accomodava silenziosamente sulla sedia accanto alla mia.
Micky le sorrise con affetto e lei ricambio con uno un po' incerto.
<< COSA!?!?! MA CHE NECESSITA' HAI DI METTERTI A DIETA? SEI IN GRAN FORMA!!! >> strillò Dolce con tutta la forza che aveva in corpo.
Tutti nel raggio di circa quattro tavoli di distanza si girarono a guardarla.
Raf scosse la testa e ridacchiando alzò gli occhi al cielo.
<< No guarda ho cercato di dirglielo anch'io ma lei proprio non ci sente. >>
<< Urié non fare la caprona per l'amore del cielo. Non vorrai diventare anoressica! >> protestò acidamente Dolce.

 

Raf

 

Urié si strinse nelle spalle e si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore.
<< E magari vuoi convincere anche Raf a restare a digiuno? >> intervenne Micky lanciandomi un'occhiata carica di rimprovero.
<< Per quanto ne so, tu non hai mangiato niente. Tieni ... >> disse accusatoria spingendo con due dita il suo piatto verso di me.
Io scossi la testa e feci per protestare ma lei mi interruppe.
<< ... ti prego, almeno tu, non fare la testa dura. Hai bisogno di mangiare, hai due occhiaie che fanno paura. >> mi disse preoccupata.
Deglutii e infine impugnai la forchetta costringendomi a ingoiare un boccone di torta.
<< OH MAMMA SERIAMENTE? >> strillò dopo un po' Urié alzandosi di scatto, facendomi sobbalzare.
<< Cosa c'è? >> dissi mettendo in bocca un altro boccone.
<< Sono in ritardo, Arkan mi deve parlare. Penso che riguardi Ginevra, la mia terrena. >>
<< Ah... >> mormorai ma la supplicai con gli occhi di non andarsene.
Volevo che almeno lei mi stesse accanto.
<< Tranquilla torno subito e poi puoi avermi tutta per te. >> disse premurosa dandomi un bacio sulla guancia.
<< Tutto a posto Raf, mi sembri un po' scossa. >> disse Micky dopo un po'.
Io mi strinsi nelle spalle.
<< Sì, è tutto a posto... >>

 

***

 

Sulfus

 

Il ticchettio dei tacchi della Temptel mi svegliò.
<< Calma Gas, la prof. non è alla tua portata. >> ridacchiò Kabalé.
Sbuffai sommessamente e nascosi ancora di più la testa nelle braccia incrociate, cercando di riaddormentarmi.
Il bracciale di Raf premeva prepotente nella tasca dei jeans.
Volevo darglielo a mensa ma non l'avevo trovata da nessuna parte.
<< E perché? Io la detesto un casino! >> borbottò Gas.
<< E questo ti fa onore ma tanto la vuoi solo scopare giusto? Ci sono tante altre ragazze con cui puoi sfogarti! E poi guardati! >> lo provocò Kabalé, e avrei scommesso 30 euro che avesse arricciato il naso con aria infastidita.
<< Hai sempre lo stesso Luck, non sai rinnovarti! >> disse con una punta di malizia nella voce.
Mmmh... dove voleva andare a parare?
<< Invece Sulfus... con quel suo guanto... >> insinuò lei.
Ah, ecco dove...
<< Cosa centra il mio guanto? >> dissi alzando un po' la testa e appoggiai il mento sull'avambraccio.
<< Oh niente, è solo che non te lo togli mai... sembra quasi che tu nasconda qualcosa... >>
Sbuffai.
Sonoramente questa volta.
<< Io non ho proprio niente da nascondere. >> borbottai alzandomi svogliatamente e dirigendomi verso la porta.
Lei mi bloccò afferrandomi un polso.
<< Va bene, allora toglilo. >> mi sfidò lei alzando fieramente il mento.
Cazzo se le dico di no sembrerei sospetto.
<< Va bene va bene, calmati. >>
Sbottonai lentamente il guanto e tirai giù solo un lembo ma Kabalé a quanto pare non voleva aspettare neanche un fottuto minuto e me lo tolse con malagrazia.
<< Posso spiegare, è solo... >> farfugliai.
<< Una mano, la vedo! >> ribatté acidamente.
Cosa?
Mi guardai la mano con il cuore in gola e effettivamente...
Risi gioiosamente.
<< Evvai! >> esultai.
Almeno così mi ero tolto un problema.

Nessun commento:

Posta un commento