sabato 26 luglio 2014

Capitolo 5 - Provoke me


Spesso il metodo migliore per attirare l’attenzione di qualcuno è smettergli di dargli la vostra.



Seguii Sulfus per vedere cosa voleva fare con la sua prima mossa.
Si trasformò in un fattorino in divisa arancione e fece comparire un videogioco.
« Cretino, ti rendi conto che se Andrea non curerà la sorella quella potrebbe avere un'incidente e morire? » gli sibilai nell'orecchio.
Lui si girò, i nostri visi vicinissimi.
Troppo vicini. 
Eravamo circa a due centimetri di distanza.
Ops, questo non l'avevo calcolato.
Trattenni  il respiro ( involontariamente sia chiaro ).
I suoi occhi… visti da vicino erano la fine del mondo, sembravano ambra liquida.
Le nostre labbra quasi si toccavano adesso. Il suo respiro era caldo e profumato. Inebriante. 
Sulfus abbassò lo sguardo sulle mie labbra con una lentezza straziante.
Mi sentivo morire. 
Nessuno dei due si mosse per un attimo che durò un'eternità, poi lui si sporse in avanti e sfiorò a malapena la sua guancia con la mia.
Sentivo il suo respiro che mi accarezzava piano il lobo dell'orecchio.
Ero elettrica e immaginavo come doveva essere Fire in questo momento, probabilmente a quest'ora era già evaporata.
Ma non mi importava. In questo momento, esisteva solo lui.
« E tu... » disse, la sua voce divenuta un sussurro profondo e sensuale. 
Sentii riscaldarsi parti del corpo che non centravano  assolutamente con la guancia e l'orecchio, ma che non osavo  nominare. 
Trattenni un gemito mordendomi con forza il labbro inferiore. Il mio viso, e non solo, era in fiamme.
«... tu sai che non me ne frega un cazzo, vero? » finì allontanandosi e guardandomi con un sorriso malizioso.
Cosa? 
Avevo il respiro affannato ed ero sicuramente rossa come un peperone, mi tremavano le gambe.
Lo presi mentalmente a calci quando suonò il campanello con la sua solita aria strafottente.
Sentii dei passi da dietro la porta e sulla soglia comparve Andrea.
« Ho qui un gioco per un certo Andrea, sei tu? » chiese tranquillo, come se avesse appena finito una partita a scacchi e avesse vinto lui, non come se avesse eccitato una Angel che adesso è super incazz... ehmm... arrabbiata con lui!
Andrea parve confuso. « Ma io non ho ordinato niente...»
Sulfus fece finta di controllare un foglio che aveva in mano e poi disse.
« Strano, è già stato pagato...» poi lo guardò dicendo «Okay, lo riporto indietro.»
Avevo capito quello che voleva fare ma questo era davvero troppo!
« Che peccato è un gioco uscito proprio oggi ...» lo tentò e fece per andarsene ma Andrea lo bloccò prendendogli un polso.
« Ehi, per che cos’è? » gli chiese.
Lui si girò con un sorriso taroccato e rispose: « Credo che sia per la super console... » minimizzò.
Andrea gli sorrise. « Ce l’ho... ci stavo giocando. »
Sulfus alzò un sopracciglio. « E allora perché non lo prendi? Ci facciamo una partita, in due è molto più divertente! »
Okay, questo era davvero troppo.
Andai di fianco ad Andrea. «  No! Andrea devi badare alla tua sorellina! »  implorai sperando che mi senta e mi prenda in qualche modo per la sua coscienza.
Ma lui per tutta risposta allungò una mano e prese il videogame. « Okay, coraggio andiamo. »
Sbuffai spazientita e Sulfus mi fece un sorrisetto vittorioso ed io gli lanciai un’occhiata assassina, se mi avesse vista Fire ne sarebbe stata orgogliosa. A proposito è da un po' che non la sento. Da quando ho avuto quel flash durante la sfida...
No, non ci pensare. Rimani concentrata sulla sfida.
« Perfetto e ora chi baderà alla bambina? » sibilai furiosa a Sulfus che mi fece l’occhiolino alzando le spalle.
« Non è un problema mio... » mi rispose con un sorriso ebete stampato in faccia.
Si avvicinò al divano ignorandomi completamente. Andrea gli diede un’occhiata mentre collegava la console. « Hai detto qualcosa? »
Lui si finse sorpreso e rispose « No, niente. »
Filai dritta nella camera della sorellina di Andrea e trovai una piccola bambina di 7 o 8 mesi, in piedi attaccata alle sbarre del lettino.
« Ferma, che stai facendo? » dissi mentre si arrampicava coi piedini sopra il cuscino.
Scavalcò la sbarra di metallo e si lasciò cadere. 
« No!» dissi sussultando spaventata.
Ma lei cadde sopra un cuscino bianco fatto a mo’ di cubo. Tirai un sospiro di sollievo che non durò a lungo.
« E ora dove stai andando? »
Lei gattonò maldestramente verso un asse da stiro e prese il filo collegato al ferro tirandolo e rischiando di farselo cadere addosso.
« Non toccare il ferro da stiro, è pericoloso! Potresti farti male! » gridai ancora più terrorizzata di prima.
« No! »
Il ferro era pericolosamente in bilico al bordo dell’asse. Cadde e la mancò di un soffio.
« Che faccio? » chiesi ormai presa dal panico. Se andava avanti così finirà per farsi male!
Mi venne un’idea.
« Coks, attiva metamorfosi! »
Lei mi svolazzò sul petto, ruotai i capelli a mo’ di cerchio e l’aureola sparì.
« Per custodire e proteggere! » Sbattei le ali e loro si dissolsero
« Con l’amore, con l’onestà, con il giudizio e la sincerità... »  i bracciali, i miei vestiti e le scarpe scomparvero rimpiazzati da vestiti terreni.


« Lo spirito lascio e divento terrena! »
Appena misi i piedi a terra mi sentii... più pesante diciamo. Ma non avevo tempo da perdere. La piccola stava scuotendo un tavolino di legno, facendo oscillare pericolosamente anche il vaso che ci stava sopra. Cadde e io mi tuffai, scordandomi che ora non avevo più le ali, per prenderlo. Sbattei violentemente il petto a terra, e il colpo mi tolse il respiro. Inclinai accidentalmente il vaso che avevo preso e che tenevo alzato sopra la testa e mi inzuppai completamente d’acqua. La bambina rise divertita. Ed io sospirai.
E va beeeeene ora cerchiamo di darci una calmata...
La presi e la cullai dolcemente tra le braccia per un po’. Lei sbadigliò e si accucciò contro il mio petto.
Quando non fa la piccola peste è proprio un amore pensai sorridendo tra me e me.
Delicatamente la rimisi a letto e la coprii con la morbida trapunta di pizzo.
Sentii bussare alla porta e tesi le orecchie.
« Cavolo, è mia madre » disse Andrea.
Dovevo muovermi.
« Coks attiva metamorfosi inversa! » dissi a mezza voce.
Fui avvolta da una luce dorata e pezzo per pezzo ritornai come prima. Guardai fuori e vidi Sulfus che scappava scendendo da una finestra.
« Ciao, mamma » disse Andrea.
« Ciao tesoro. La tua sorellina sta bene? » chiese la voce amorevole di sua madre.
Sentii Andrea esitare e finii la frase per lui.
« Benissimo! » dissi contenta che non sia successo niente alla piccola, ormai mi ci ero affezzionata.


« No! Molto male, ...»  mi rimproverò il professore «... lo sai che non devi mai sostituirti ai terreni »
Ero tornata in classe che ormai era sera inoltrata...
Che vergogna, rimproverata due volte il primo giorno! Ero una frana.
« Ma la sorellina di Andrea rischiava di avere un incidente!» mi difesi.
Lui si avvicinò di qualche passo, scendendo gli scalini che separavano la sua cattedra dai nostri banchi.
« Già, ma la responsabilità non era tua, era del ragazzo. Tu eri lì per faglielo capire...» ribadì irremovibile
« Come ? C’era Sulfus di mezzo...» dissi, abbastanza restia ad ammettere la mia sconfitta in aula sfida «... era il suo turno e... »
« Basta! » mi interruppe lui, avvicinando il viso affinché potesse guardarmi bene in faccia, ma io abbassai lo sguardo afflitta.
Si spinse più su gli occhiali sul naso.
« Sulfus ha fatto solamente il suo dovere di Devil e ha vinto la sfida! » concluse raddrizzandosi.
Valutai la possibilità di spiegargli il perché. Ma qualcosa mi diceva che non ci avrei ricavato nulla di buono.
Sospira, accarezzandomi la stella, pensierosa. E quella, puntualmente, mi iniziò a bruciare.
Il professore mi diede le spalle e si allontanò.
« Spero, per il tuo terreno, che sia l’ultima volta che accade una cosa simile. » disse severamente. Ed io rischiai di scoppiare a piangere. Attirai le gambe al petto e le circondai con le braccia, abbassando lo sguardo.
Aveva ragione, se continuavo così... Andrea rischiava di diventare una persona orribile. Feci un sospiro tremante e inghiottii il mansueto groppo in gola, che ormai era di casa e infine mi alzai, sfinita.
« Per oggi basta...» disse, continuando a darmi le spalle, ma con un tono più morbido.
«... vai al sognatorio e dormici sopra. » mi congedò.
Mi diressi verso l’ ascensore, che era un tubo nel bel mezzo della classe, ed entrai.
Schiacciai un bottone dove accanto c’era una scritta bella e ordinata con su scritto “Sognatorio” e mi appoggiai alla parete dell’ascensore.
La stella continuava a pulsarmi, come se fosse una ferita aperta.
Come ho fatto a essere così ingenua? Pensai guardandola con la vista un po’ sfocata a causa delle lacrime, che ora mi rigavano il viso. Stupido Demone dei miei stivali pensai mordendomi il labbro inferiore cercando di attenuare un singhiozzo che mi scosse il petto con violenza.
Non ti lascerò vincere. Strinsi la mano a pugno e me la portai sul cuore, ignorando il dolore che mi procurava la stella rossa. Cavolo, bruciava come se mi avessero graffiato tutto il braccio con una lama infuocata. Gridai di dolore.
« Non lascerò Andrea nelle tue mani... » mormorai con le lacrime agli occhi.
Non permetterò che mi portino via anche lui! Gridò una vocetta nella mia testa.
Non sapevo cosa significasse quest’ultimo pensiero, ma sapevo soltanto che dovevo difendere Andrea, o qualsiasi altro terreno che mi affideranno, con le unghie e coi denti.
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano e la porta dell’ascensore si aprì.
Uscii ed entrai nella mia stanza.
« Raf! » mi salutò Uriè con un sorrisone. A quanto pare, lei non ha avuto una giornataccia come la mia.
Richiusi con cura la porta dietro di me. « Ciao Uriè...» mormorai sconsolata.
Lei mi abbracciò, momentaneamente senza accorgersi del mio umore.
« Che bello rivederti! Ho un sacco di cose da dirti...» si staccò e mi guardò in faccia mettendomi le mani sulle spalle. Non osavo guardarla, perciò mi limitai a fissare la punta dei miei stivali.
« Ehi ma cos’hai, stai male?» mi chiese preoccupata.
Scossi la testa. « No, ho solo avuto una giornata difficile...» sospirai.
SULFUS
Stavo fissando il soffitto della mia camera, quando la mano mi iniziò a bruciare come una dannata.
Era già successo qualche minuto fa, ma ora sembrava che mi avessero tagliato la pelle con una lama più che essermi bruciato con un fulmine. Gemetti e mi portai la mano davanti al viso. Una grossa stella, piena e rossa faceva bella mostra di se in mezzo al pallore della mia pelle. Forse ho fatto una cazzata pensai non avrei dovuto violare il veto. Mi misi seduto, facendo scricchiolare il mio grande letto nero, di pizzo.
Ora non mi stava bruciando solo il palmo, ma anche il dorso e tutto il braccio. Grugnii, trattenendo a stento un urlo. Non capivo... eppure non la stavo nemmeno sfiorando. Poi il bruciore si alleviò lentamente, finché non tornò al mansueto pizzicore dentro la stella. Rilassai i muscoli in tensione e sospirai. Non era poi tutta colpa mia, no?
Era stata lei ad aiutarmi. Guardai fuori dalla finestra dove la luna piena illuminava un albero che era cresciuto vicino alla parete della mia camera gettando ombre lugubri sul pavimento.
Non sapevo cosa fosse successo poi, davanti alla casa del Terreno. O meglio sì, sapevo cosa era successo.
Alle mie parti basse soprattutto. 
E se non le avessi detto quella frase, probabilmente le sarei saltato addosso e l'avrei fottuta come un dannato. Cazzo non aveva fatto altro che avvicinare quel suo bellissimo viso al mio, quelle sue labbra da infarto davanti alle mie! E mi ero eccitato in quel modo!
Ora dovrebbe essere furiosa con me. Ed io non aspettavo altro... che una sua rivincita.

REINA
Una video finestra mi rimostrò la sfida tra il Devil e la Predestinata. Le nubi gli vorticarono attorno come serpenti affamati, che cercavano invano di mordere la preda.
« Ferma l’immagine! » dissi con tono imperioso al servo. Lui toccò il vetro e il video si bloccò.
« Così... Ingrandiscila!»
Il servo prese gli angoli e li allargò. La video finestra si ingrandì, rimanendo sospesa in aria.
Si tolse il cappuccio sempre voltandomi le spalle. « Ben fatto Malakia, ben fatto » lo lodai.
Si inchinò rimanendo sempre di spalle.
« Grazie mia signora...»

Nessun commento:

Posta un commento